Fondazione Humanitas per la Ricerca nell’ambito del Progetto Argento Vivo, ha avviato studi per identificare geni mutati responsabili dello sviluppo della malattia di Parkinson, sottotipizzarne così le tipologie, su cui sviluppare terapie e azioni di prevenzione mirate. I prossimi obiettivi: intercettare soggetti (ancora) sani ad alto rischio di malattia e mettere a punto terapie ‘Disease modiyfing’ che possano interferire con i meccanismi di azione della patologia e rallentare la progressione del Parkinson.
Sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della ricerca e diffondere conoscenza sul Parkinson: sono tra gli obiettivi della Giornata Mondiale del Parkinson (“World Parkinson’s Day”), che si celebra l’11 aprile 2022. In funzione dei numeri in aumento delle patologie neurodegenerative e dell’invecchiamento della popolazione, Fondazione Humanitas per la Ricerca è impegnata in nuovi progetti volti a ‘scoprire’ caratteristiche peculiari e differenzianti della malattia su cui sviluppare terapie ‘di precisione’ e personalizzate. Infatti, benché esistano promettenti premesse, la strada da percorrere è ancora lunga.
I progetti Fondazione Humanitas per la Ricerca si inseriscono in un ‘contenitore’ più ampio: Argento Vivo, una iniziativa pensata per gli over 65, la “silver generation” su cui occorre fare più educazione alla prevenzione e avviare specifici progetti di ricerca, oggi ancora limitati. Fra quelli di maggior interesse, vi sono studi sul Parkinson, condotti dal team del Professor Alberto Albanese, responsabile Neurologia dell’Istituto Clinico Humanitas e docente Humanitas University.
“Oggi – spiega il prof. Albanese – non è più possibile approcciare la malattia di Parkinson nel suo complesso, occorre arrivare a identificare i diversi sottotipi sui quali ‘costruire’ azioni di prevenzione e terapie mirate. Per arrivare a questo obiettivo stiamo studiando i possibili geni coinvolti, riuscendo a identificare ‘geni forti’, cioè deterministici, che con molta probabilità potranno portare allo sviluppo di malattia in chi ne è portatore, e geni più ‘deboli’, probabilistici, che espongono la persona portatrice del gene mutato a un maggior rischio, non alla certezza, di comparsa della malattia. In questo secondo caso, giocano un ruolo importante l’eventuale presenza di fattori ambientali predisponenti, come l’esposizione a tossine esogene (pesticidi, metalli, prodotti chimici industriali) e lo stile di vita (dieta e fumo), in grado di sommarsi ai fattori genetici”.
Quello della ricerca è dunque un approccio ‘globale’ alla malattia secondo la concezione di medicina di precisione, sulla malattia e i suoi geni, e personalizzata sulle caratteristiche della malattia individuale, propria della persona. La malattia di Parkinson è oggi meritevole di attenzione anche in funzione a nuovi evidenze che fanno osservare un incremento di forme giovani, con esordio fra 21 e 40 anni: un evento non più così raro, negli ultimi 60 anni si è passati da una frequenza dell’1% a punte di oltre il 18%, con media generale del 5% circa. La grande sfida della ricerca è arrivare a identificare soggetti a rischio, nei quali la malattia non si è ancora presentata, per mettere a punto programmi di prevenzione (screening) e ritardarne l’insorgenza; in parallelo, sviluppare terapie “Disease Modifying” che agiscono cioè sulla progressione della patologia, con modalità e tempi indubbiamente varabili da individuo a individuo e da malattia a malattia. “Nella consapevolezza che non sarà subito possibile bloccare tutte le differenti patologie – chiarisce Albanese – l’obiettivo è oggi di agire sui meccanismi che ne determinano l’insorgenza, in particolare quelli comuni alle diverse malattie neurodegenerative, e rallentarne l’evoluzione”.
Occorre inoltre intraprendere azioni di ‘empowerment’ del paziente, educandolo cioè all’assunzione di comportamenti virtuosi che possono prevenire lo sviluppo delle malattie neurodegenerative: tra questi la conduzione di una vita attiva e di uno stile alimentare pro-sistema nervoso: “La dieta – conclude Albanese – dovrebbe apportare verdure, soprattutto a foglia verde, frutta, cereali integrali, legumi, frutta secca in particolare noci che hanno il rapporto migliore tra omega3 e omega 6, pesce, carne bianca, uova e olio extravergine di oliva: tutti alimenti con possibile effetto neuroprotettivo. Molti di questi alimenti, in particolare verdure, frutta e cereali integrali, contengono polifenoli, potenti attivatori dei geni umani, coinvolti nella sintesi di enzimi antiossidanti, nella modulazione dei percorsi antiinfiammatori e nell’accensione dei geni antinvecchiamento, oltre ad essere fattori chiave nel mantenimento di un sano microbiota intestinale, poiché è ormai mota la stretta relazione intestino-cervello”.
Il Parkinson:
È il più frequente dei “disordini del movimento”. Si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala in maniera importante a causa della degenerazione di neuroni in un’area chiamata “sostanza nera” (la perdita cellulare è di oltre il 60% all’esordio dei sintomi). Dal midollo al cervello cominciano a comparire anche accumuli di alfa-sinucleina una proteina ritenuta potenzialmente responsabile della diffusione della malattia in tutto il cervello. La durata della fase preclinica (periodo di tempo che intercorre tra l’inizio della degenerazione neuronale e l’esordio dei sintomi motori) non è nota, ma alcuni studi la datano intorno a 5 anni.
I numeri:
Il Parkinson colpisce circa il 3 per mille della popolazione generale, e circa l’1% di quella sopra i 65 anni. In Italia i malati di Parkinson sono circa 300.000, per lo più maschi (1,5 volte in più delle donne).
I sintomi:
I principali includono tremore a riposo, rigidità, bradicinesia (lentezza dei movimenti automatici) e instabilità posturale (perdita di equilibrio).
Le cause. Non sono ancora note, ma si tratta di una malattia multifattoriale in cui interagiscono fattori genetici, mutazioni di specifici geni e nel 20% dei casi insorge in pazienti con una storia familiare positiva per la malattia; l’esposizione a sostanze tossiche come pesticidi, idrocarburi-solventi e metalli pesanti (ferro, zinco, rame). La prevenzione. Non esistono ad oggi farmaci o sostanze in grado di prevenire la malattia di Parkinson. Tuttavia, diversi studi sperimentali hanno dimostrato che il consumo di peperoni, frutta e verdura potrebbero ridurne il rischio di sviluppo.
La diagnosi. La storia clinica e familiare del paziente, la valutazione di sintomi e segni neurologici e eventuali esami strumentali (Risonanza magnetica nucleare ad alto campo, SPECT DATscan, PET cerebrale e scintigrafia del miocardio) contribuiscono alla diagnosi clinica.
I trattamenti. Non esiste una cura per la malattia di Parkinson, ma il trattamento farmacologico, la chirurgia e la gestione multidisciplinare sono in grado di fornire sollievo ai sintomi. I farmaci principali sono la levodopa (di solito in combinazione con un inibitore della dopa-decarbossilasi e un inibitore delle COMT), gli agonisti della dopamina e gli inibitori MAO-B (Inibitore della monoamino ossidasi).
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